Sandra
Quando qualcuno passava per il vialetto, quando veniva il postino o gli addetti dell’acqua e dell’elettricità, quando qualche motocicletta alzava la ghiaia o la terra, la vita spettrale del quartiere veniva rivoluzionata. E di sicuro l’uomo con il panama che si fermò davanti a casa mia e suonò il campanello non sospettava di non aver interrotto nulla, a parte il torpore vero e proprio in cui ero sprofondata. Interruppe riflessioni del tipo: “Dovrei cucire qualche vestitino per il piccolo”, e interruppe la mia voglia di stare e non stare con qualcuno allo stesso tempo. Interruppe anche il pensiero: “Chi avrebbe mai detto che mi sarei abituata a vivere con due nonnetti stranieri?”. Naturalmente stavo pensando a Fred e Karin, che da qualche giorno, da quando cioè avevo lasciato Villa Sol, non davano segnali di vita. Sicuramente uno dei due si era ammalato, oppure erano partiti o magari erano venuti a trovarli dei parenti e questo aveva stravolto la loro solita routine. Le pensavo tutte. Dovevo ammettere che mi mancavano. Era stupido, perché non significavano niente per me, eppure se sentivo il rumore di una macchina sulla ghiaia del vialetto smettevo di innaffiare. I loro visi mi erano rimasti negli occhi. Chissà perché mi sembrava che avessero qualcosa di speciale. Tutte le facce prima o poi finiscono per avere qualcosa di speciale, ma quelle due lo avevano avuto da subito, quasi a prima vista.
L’uomo davanti al cancello aveva un’ottantina d’anni, forse qualcuno di più, e sembrava avesse bisogno di riposarsi, per cui lo feci accomodare in veranda. Disse che gli piaceva la mia casetta. Disse proprio «casetta» come se io fossi uno gnomo o una principessa. Di sicuro non mi aveva guardata bene. Parlava con un accento argentino e questo ingentiliva i suoi modi, di per sé già molto cortesi. Siccome era interessato ad affittare la casa, ne approfittai per mostrargliela e per passare un po’ di tempo in compagnia. Emanava quell’aura di bellezza tipica degli anziani magri. Aveva gli occhi chiari, o magari lo erano diventati con l’età, e anche la statura era forse diminuita con gli anni per assestarsi a un paio di centimetri sotto l’uno e settanta, proprio come me.
Mentre gli mostravo la casetta, mi prese una grande angoscia al pensiero che stavo perdendo tempo, un tempo prezioso che i miei coetanei stavano usando per finire gli studi, accumulare esperienze di lavoro, diventare capi, scrivere libri o andare in televisione. Non so, non so come mi fossi lasciata trasportare dagli eventi fino ad arrivare a quel punto, senza aver fatto niente di concreto, a parte la creatura che portavo dentro, e neanche quella l’avevo fatta io. Io ero colei che la trasportava, che aveva il compito di darla alla luce, e almeno questo lo volevo fare bene; perciò, non appena avevo capito di essere incinta, avevo subito smesso di bere e fumare. E anche se a volte avevo avuto la tentazione di fumarmi una bella sigaretta al chiaro di luna in quel posto abbandonato dagli uomini, il senso di responsabilità aveva prevalso.
Dissi a quell’uomo che c’era la possibilità che mia sorella gli affittasse la casa, ma non avevo voglia di chiamarla, non volevo parlare con lei, non volevo che si mettesse a farmi una predica e mi ricordasse che non potevo vivere in quello stato di precarietà perenne. Non volevo che mi chiedesse se innaffiavo le piante, se caricavo la lavatrice e se badavo alla casa.
Prima di andarsene, facendosi aria con il cappello, l’anziano mi disse che si chiamava Julián. «Io Sandra», gli risposi. «Sandra», ripeté.
Poi aggiunse che ero stata molto gentile e mi raccomandò di stare attenta, perché il mondo era pieno di pericoli che non mostrano la loro vera faccia finché non ci piombano addosso, e che qualunque cosa fosse accaduta avrei dovuto pensare prima di tutto alla mia integrità fisica. Poi si scusò per il suo allarmismo e disse che gli ricordavo sua figlia quando aveva la mia età. Provai una sensazione un po’ strana perché parlava come se mi conoscesse, come se sapesse qualcosa di me che io ignoravo. Ma quella sensazione passò quando pensai alla sua età e al fatto che appartenesse a un’epoca nella quale le donne erano meno indipendenti, e pensai anche che avesse molta esperienza e che avrei dovuto tenere conto delle sue parole.